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18 feb 2014
MARWAN E QUELLI RIMASTI INDIETRO
Scritto da Piergiorgio |
Letto 4857 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Le immagini sovente hanno una capacità evocativa che le parole non sempre sanno esprimere. È il caso della fotografia pubblicato su Twitter il 16 febbraio da Andrew Harper, rappresentante dell’UNHCR in Giordania.

Lo scatto che immortala il piccolo Marwan, un bambino siriano di soli 4 anni che pare sbucare in totale solitudine dal deserto, reggendo in mano una busta di plastica con i suoi poveri effetti personali, è diventato simbolo eloquente delle migliaia di profughi in fuga dalla guerra. Come poi è stato appurato, il bambino non era da solo; era al seguito di altre persone, tra le quali i famigliari, solo che in prossimità del confine era rimasto indietro. Ecco, appunto: era rimasto indietro. Quanti sono coloro che rimangono indietro nella temperie della guerra e di cui non abbiamo notizia, che non possono fregiarsi di uno scatto in grado di riportarli prepotentemente alla ribalta, magari per solo pochi minuti o per poche ore? E poi il deserto alle sue spalle; quella sconfinata distesa di sabbia che pare inghiottire anche la capacità di noi uomini di rappresentarci, sia pure figurativamente, la tragedia che si consuma oltre la linea dell’orizzonte. Il sacchetto di plastica che regge nella mano; che pare trascinare con fatica, ricorda anche ai più distratti tra noi il peso smisurato di un dolore talmente grande che neppure le lacrime pare possano minimamente lenire. Forse soltanto l’abbraccio di una delle donne dell’UNHCR che lo solleva all’altezza del proprio sguardo può avergli dato la misura di quella vicinanza umana di cui sembra in ricerca. E quelli rimasti indietro, di quelli chi si prenderà cura? Quando potranno incontrare, se avverrà, qualcuno che li faccia sentire ancora bambini? Bambini amati, protetti; bambini accolti? Sono ormai migliaia i minori di 17 anni morti in questo conflitto assurdo e in parte dimenticato, travolti dal vortice dell’odio e della violenza. Si tratta di vite spezzate alle quali è stata impunemente rubata l’infanzia e la giovinezza, un tesoro d’inestimabile valore del quale l’umanità è stata privata, così come accade sempre in ogni guerra. Se i contendenti in un qualsiasi conflitto in atto oggi nel mondo, potessero raffigurarsi di quale potenzialità ci si priva con l’uccisione di tante vittime innocenti, se noi tutti ne fossimo coscienti, probabilmente non rimarremmo spettatori inerti dinanzi a tante tragedie. Purtroppo a noi giungono il più delle volte dei numeri asettici; delle statistiche che non hanno il potere di commuoverci fin nelle viscere. Al massimo riescono, quando va bene, a indurre in noi un’epidermica indignazione che subito si spegne al lancio dell’agenzia di stampa successiva che magari ci parla del festival della canzone. « Dev’esserci qualcosa di sbagliato nel cervello di quelli che trovano gloriosa o eccitante la guerra. Non è nulla di glorioso, nulla di eccitante, è solo una sporca tragedia sulla quale non puoi che piangere […] Io sono qui per provare qualcosa in cui credo: che la guerra è inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre». (Oriana Fallaci)

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