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26 lug 2013
HANNO ANCHE LA TV
Scritto da Piergiorgio |
Letto 3919 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Quante volte capita di sentire questa affermazione da parte di tanta gente comune, parlando di carcerati, quasi che poter guardare qualche programma televisivo sia segno di chissà quale concessione nei confronti di persone che si ritiene non paghino a sufficienza i loro errori mediante la detenzione. Il fatto vero è che la maggior parte della gente non conosce realmente quali siano le condizioni di vita in carcere e probabilmente neanche se ne cura più di tanto, ritenendo che non la riguardi.

Avviene un po’ come per tanti altri fenomeni umani: dalla povertà alla salute. Quando non ci toccano personalmente, pare non esistano. Si preferisce esorcizzare quanto può disturbarci, immaginando siano questioni che riguardano altre persone. Invece potrebbero riguardarci direttamente, a ben pensarci. Nessuno può garantire per se stesso di non poter un giorno incappare per qualche motivo nelle maglie della giustizia, oppure che accada a qualcuno con cui siamo in rapporti stretti di amicizia o parentela. Ma anche a prescindere da questa eventualità, se anche davvero riguardasse sempre e soltanto persone a noi “estranee” sarebbe motivo sufficiente per non curarcene? Io credo di no, se non altro, che lo vogliamo o meno, perché anche chi sbaglia e delinque, fa parte della nostra stessa società della comunità a cui apparteniamo e un giorno, scontata la propria pena, ritornerà tra noi. Già, ritornerà tra noi, ma come? Cambiato in meglio o in peggio? Recuperato alla società, come vuole la nostra Costituzione, oppure pieno di rivalsa e rabbia, pronto a fare peggio di quanto fatto in precedenza? Pur non considerandomi chissà che esperto, per l’esperienza maturata in tanti anni accanto a persone che in carcere ci sono state e per quanto mi è dato di sentire da quanti frequento attualmente dentro il carcere di Trento in cui mi reco una volta in settimana, non è poi tanto inusuale sentirli dire: ho sbagliato, è giusto che paghi il mio debito con la giustizia, però… E qui seguono una serie di considerazioni e lagnanze non sempre ingiustificate; tutt’altro! Anzitutto la perdita della dignità personale: in carcere sei solo un numero; la mancanza o la carenza di opportunità vere di reinserimento, la mancanza o la carenza di attività, dentro il carcere, di lavoro, di studio, o di altro genere, in grado di offrire opportunità di impiegare il tempo in modo costruttivo; utile a se stessi e agli altri. Infine, è il caso di molte realtà carcerarie, il sovraffollamento e la promiscuità a cui devono sottostare. Tute cose che solo provandole o per lo meno rendendosene conto da vicino, de visu, si può comprendere quanto deleterie siano e quanto nei fatti rappresentino una pena aggiuntiva alla limitazione della libertà, che dovrebbe essere l’unica erogata. Per sensibilizzare su tutto questo, oggi a Bolzano, presso la sede del municipio, è stata allestita una mostra per far conoscere alla cittadinanza la drammatica situazione carceraria del luogo. La mostra, dal titolo significativo «Lo spazio e il corpo nella pena», promossa dal progetto Odòs della Caritas Diocesana, attraverso cartelli e soprattutto dei plastici che descrivono visibilmente le condizioni di detenzione, intende sensibilizzare l’opinione pubblica su una tematica troppe volte misconosciuta, comunque poco divulgata, salvo avere l’onore delle cronache in qualche particolare e rara circostanza. È interesse di tutti noi operare perché quanti finiscono in carcere non siano, come avviene fin troppo, dimenticati, come si fa con la spazzatura che si nasconde sotto il tappetto, e soprattutto operare perché la detenzione diventi sempre più la misura estrema per quanti rappresentano realmente un pericolo e non già la discarica in cui buttare chiunque commetta un reato, a prescindere dalla sua gravità, mossi da spirito di vendetta, più che di giustizia, e incuranti del fatto che una società securitaria, a ben considerare, rappresenta, non già la soluzione ai problemi di devianza, quanto piuttosto l’humus più adatto ad amplificarli e cronicizzarli senza vie d’uscita.

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