Quanto sta emergendo in questi giorni e che fa seguito al clamore suscitato dall’uscita del libro Sua Santità, del giornalista Gianluigi Nuzzi, non fa certo onore ai vertici ecclesiastici e interroga profondamente ogni credente. Lasciamo da parte per un momento le esternazioni di dolore del Papa e del suo entourage e chiediamoci piuttosto quale immagine di chiesa si rivela da tutta la faccenda.
Non certo l’immagine evangelica che dovrebbe caratterizzarla. D’altra parte quando si parla di sacri palazzi per indicare il centro di potere dei vertici ecclesiastici, è pur sempre di palazzi che si parla, anche se sacri, e la storia e l’esperienza ci insegnano che, dentro i palazzi, le modalità di operare non sono proprio quelle che ci si attende siano: trasparenza, chiarezza, semplicità. Se poi la chiesa, nella sua organizzazione dell’autorità, imita i modelli mondani, anziché attenersi al mandato evangelico che è quello del servizio, come meravigliarsi che accadano cose quali quelle che c’è dato di sentire e leggere sulla stampa? Questo è il problema vero a mio parere, e l’argomento sul quale dovremmo tutti riflettere, piuttosto che farci catturare dalla suggestione che invoglia a chiedere la punizione di chi si è reso responsabile di scoperchiare una pentola colma di veleni. “Quelli che pensano di essere sovrani dei popoli, comandano come duri padroni; le persone importanti fanno sentire con la forza il peso della loro autorità. Lo sapete bene. Ma tra voi non deve essere così. Anzi, se uno tra voi vuole essere il primo, si faccia schiavo di tutti. Infatti anche il Figlio dell’uomo è venuto non per farsi servire, ma è venuto per servire e per dare la propria vita come riscatto per la liberazione degli uomini” (Mc 10, 42-45). Il punto è questo: per fare diversamente da quanti pensano di essere i sovrani dei popoli, non basta conoscere il vangelo; bisogna praticarlo, accettando la logica del servizio, che certo non si concilia con una organizzazione di stampo assolutista e con le dinamiche proprie che da quella modalità organizzativa ne derivano. Una chiesa popolo di Dio come l’ha definita il Concilio vaticano II e aperta allo Spirito, fiduciosa nel suo Signore, povera e di poveri, non abbisogna della protezione dei potenti di questo mondo, non si piega ai compromessi i che le assicurano prestigio e onori; non fornica con i poteri mondani in cambio di qualche vantaggio e pertanto non ha bisogno di nascondere alcunché perché il suo parlare sarà sì quando è sì e no quando è no. E saprà rinunciare spontaneamente a quanto il passato e la storia le ha posto sulle spalle, per seguire più liberamente il suo Signore: anche il gravame di uno stato che la rende prigioniera di dinamiche che non le fanno onore. Questa è la mia speranza e il mio auspicio.