È partita anche a Trento, l’iniziativa denominata “cerchi di silenzio”; un appuntamento serale in piazza Duomo, per segnare “lo spazio e il tempo dove ridare il giusto valore ed il giusto peso alle parole”. Così era scritto sul volantino che promuoveva l’appuntamento. Per fare cosa? “Un’ora di silenzio visibilmente in piazza per manifestare, riflettere, meditare. Per ritrovare significato a giustizia, verità, dignità. Un silenzio partecipe, non il silenzio di bocche cucite da indifferenza complice”. Così è stato, ed il cerchio di persone, da piccolo, è cresciuto, lievitato, fino a comporne uno più grande.
L’appuntamento è fissato per ogni terzo giovedì del mese, dalla 18 alle 19. È stato bello ritrovarsi assieme. Anche se io ho potuto essere presente soltanto per meno di mezz’ora, credo di non aver perso niente del pathos profondo che in quel raduno si respirava. Il silenzio può essere più eloquente di tante parole; specie quando le parole, come accade sovente ai nostri giorni, rischiano di trasformarsi in chiacchiericcio, cicaleccio inconcludente. La verbosità di tanti soloni televisivi ne è una testimonianza tante volte indigesta. Personalmente preferisco cambiar canale, quando m’imbatto in quelli, o ancor meglio, spegnere il tubo catodico e buona notte al secchio. Meglio, molto meglio un libro o altro passatempo. Il silenzio, però, non è solo un bel tacere, come si afferma, che non è mai stato scritto. È molto di più. È uno scendere dentro l’intimità recondita perfino a noi stessi; giungere a quell’ abbrivio che è la coscienza, da cui dovrebbe nascere la spinta iniziale che muove i nostri ragionamenti, per cogliere lo scarto che tante volte ci separa tra il “dire e il fare”. Insomma, un invito ad essere più autentici, veritieri; più umani. Allora un silenzio fatto per meditare, dovrebbe impegnare tutte le nostre facoltà spirituali e poi sprigionare rinnovate capacità di rispondere al bisogno di ogni fratello che interroghi la nostra vita.