“Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo domanda lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda non lo so più” (S. Agostino) Il Vecchio barbuto con gli abiti dimessi se ne sta andando, lasciando la strada libera al fanciullo festoso e vitale che lo segue dappresso. È un’immagine un pochino oleografica che però rende plasticamente l’inesorabilità del tempo che passa. Invecchiando aumenta sempre più la percezione del passare veloce del tempo. I giorni, i mesi, le stagioni, gli anni, paiono susseguirsi a ritmo sempre più incalzante, soprattutto quando gli impegni quotidiani non danno respiro.
Per molte persone, al contrario, il tempo pare non trascorrere mai; soprattutto per quanti vivono situazioni di fatica e di dolore. Vivere il tempo è difficile, forse e ancor più di questi nostri tempi. C’è chi si accontenta di riempire il tempo in qualche modo, impedendosi di ascoltarlo, e chi attende vanamente che trascorra il giorno in un’attesa spasmodica e impaziente del domani. Siamo più abituati a contare il tempo cronologico: minuti, ore giorni, mesi e anni, che non a fare attenzione al kairos, attraverso l’esercizio difficile e impegnativo del vagliare, meditando. La vita non vale in misura di quanto facciamo, ma piuttosto di quanto la sappiamo riempire di senso e di significato. Allora, credo, diventi importante, determinante, esercitarsi nell’arte difficile di saper impiegare il nostro tempo abituandoci a far precedere e seguire le nostre opere dal sale del discernimento e della contemplazione. Che il nuovo anno porti a ciascun lettore di queste mie modeste note, serenità, pace e pienezza di vita.