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Non scegliamo dove nascere, in quale tempo, da chi. La vita, in questo senso, è una roulotte che ci butta allo sbaraglio dentro l’esistenza. Quindi non è del tutto vero che nasciamo uguali. Sì, certo, nasciamo nudi e bisognosi di ogni cura, ma appunto, tolto questo, c’è chi nasce con la camicia e chi no. Chiara e Marianna, evidentemente, non sono nate con la camicia. Come ogni adolescente e ogni bambino, immagino che portassero in cuore tanti sogni; magari per Chiara il più pressante era quello di una vita un pochino più dignitosa, con una casa che si potesse chiamare davvero casa e non stamberga, catapecchia, tugurio. Non poteva certo addebitare ai genitori la responsabilità di quella esistenza grama. Quale genitore desidera per i propri figli un’esistenza che non sia più che dignitosa?
Chi è il cinico? Colui che ostenta disprezzo o indifferenza nei confronti dei valori umani comunemente accettati dalla società in cui vive. Questa la definizione che ne dà il vocabolario. E credo davvero che di cinici, in questo momento, se ne aggirino un bel numero nel Bel Paese. Prendete la polemica di questi giorni attorno alla questione della riabilitazione di Craxi, ad esempio; o ancora, la questione della approvazione in Senato della norma sul processo breve. L’una e l’altra sono lo specchio della decadenza o se vogliamo dell’imbarbarimento della vita politica e sociale a cui stiamo assistendo. Personalmente non mi sono unito ai cori, non solo materialmente, ma neanche moralmente, di quanti all’epoca sbeffeggiarono il politico Craxi, lanciandogli monetine.
17 gen 2010

UNITI NELLA VITA

Marito e moglie uniti nella morte, titola il quotidiano l’Adige oggi, parlando della scomparsa di due coniugi, Lino e Anna, a distanza di mezz’ora di tempo l’uno dall’altra. Io preferisco dire: uniti per la vita. Accade, talvolta, che due persone che si sono amate per una vita intera, quarantotto anni, in questo caso, se ne vadano quasi tenendosi per mano, così come hanno fatto durante i loro lunghi giorni assieme. È una notizia che colpisce e suscita sentimenti di riflessione. Per qualcuno forse anche di invidia.
Dalla cronaca locale: parte la guerra ai mozziconi. Linea dura del Comune di Trento contro chi sarà sorpreso a gettare per terra i mozziconi di sigaretta. Multe fino a 500 euro. Haiti: terremoto del settimo grado della scala Ricther. Catastrofe umanitaria. Che nesso ci può essere fra le due notizie, si chiederà qualcuno? Probabilmente le bestemmie che le due notizie susciterà in qualcuno. Tra qualcuno dei cittadini di Trento, accanito fumatore, meno predisposto a farsi carico del rispetto per l’arredo urbano, qualche moccolo tipico di queste parti; dall’altra, i soliti “pisacquasanta”, che senza alcun senso del pudore, attribuiranno a dio (con la minuscola), quanto accaduto sull’isola caraibica.
Vedrete, tutto si risolverà con la criminalizzazione degli immigrati di Rosarno e qualche provvedimento di polizia volto a tacitare quanto successo. Sì, perché abbiamo estremo bisogno di ribadire il mito del buon italiano. Che diamine! Noi siamo un popolo di cuore, solidale con i poveri, a condizione, ben si intende, che camminino rasentando i muri, con la testa bassa e, se devono chiedere qualcosa, che lo facciano sottovoce e con discrezione. A loro spetta essere pazienti; a noi, quando ce ne ricordiamo, intervenire per sovvenirli, in base alla nostra discrezionalità. I diritti sono innanzitutto privilegio esclusivo nostro e poi, in subordine, anche di altri.  Ma dobbiamo decidere noi a chi spettano, come e in quale misura. Non giriamoci tanto attorno; inutile fingere ipocritamente che le cose stiano diversamente. Questo è il modo di pensare di tanti di noi. Quanti lo dicono in modo sbracato, apertamente, in fondo non fanno che interpretare il pensiero di molti. Mi auguro vivamente che non sia quello dei più. Gli immigrati di Rosarno, in Calabria, che hanno messo sottosopra l’abitato, hanno sbagliato e quanto hanno fatto va sicuramente condannato. Però il fermo immagine sui disordini di cui si sono resi protagonisti, oltre che parziale è…
29 dic 2009

VIVERE IL TEMPO

“Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo domanda lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda non lo so più” (S. Agostino) Il Vecchio barbuto con gli abiti dimessi se ne sta andando, lasciando la strada libera al fanciullo festoso e vitale che lo segue dappresso. È un’immagine un pochino oleografica che però rende plasticamente l’inesorabilità del tempo che passa. Invecchiando aumenta sempre più la percezione del passare veloce del tempo. I giorni, i mesi, le stagioni, gli anni, paiono susseguirsi a ritmo sempre più incalzante, soprattutto quando gli impegni quotidiani non danno respiro.
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