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  Cara Delara Darabi, io non so se tu eri colpevole come ti saresti dichiarata in un primo momento o se la tua ammissione di colpevolezza ti fosse stata estorta, come hai dichiarato in un secondo tempo. Per certo so che nel momento che sei stata condannata a morte, la vittima sei diventata tu e questo mi basta per schierarmi dalla tua parte. Ora poi che la condanna è stata eseguita, dandoti appena il tempo di sussurrare ai tuoi cari, al telefono, che ti stavano impiccando, non posso che rabbrividire. Fino a che esiste una comunità, uno stato, che permette al parente della vittima di passare la corda al collo attorno al colpevole o presunto tale, che ritiene che si debba pagare col sangue della vendetta, un torto ricevuto, non potrò che dissentire. E che questo sia giustificato in nome della democrazia, di un qualche dio o di una ideologia, poco importa. Per me è segno soltanto di barbarie, di una mentalità bacata. Mi auguro che in fondo al tunnel nel quale ti hanno cacciata, nel fiore della tua giovinezza, possa aver trovato un mare di luce, dal quale prenderti la tua rivincita: perdonare quanto ti hanno fatto.
Miguel, è un nome che suona dolce come un claves. E tu eri una persona dolce; forse timida. Certamente eri una persona delicata. Hai trovato la morte in quella che era la tua camera da letto… ai giardini pubblici. Chissà se c’era la luna a guardarti quella sera; se qualche stella ha pianto, vedendoti morire. A me è rimasto l’amaro in bocca, assieme a tanta rabbia dentro, non solo perché sei morto, e questo è già tragico da solo, ma anche perché, tu, come tanti altri, valete meno dei randagi. Per quelli ci si preoccupa. Se serve, quando subiscono dei traumi, si precettano perfino gli psicologi… Delle persone che dormono per strada, in rifugi di fortuna, in case abbandonate, si pensa che in fondo l’hanno scelto, ci sono abituate e anche noi ne abbiamo fatto un’abitudine. Magari, pensandole, facciamo qualche sospiro e poi tiriamo avanti. Come sempre. Io, nella mia impotenza, non riesco a rassegnarmi. Vorrei che il cuore di tanti, le loro intelligenze, vibrassero all’unisono e si indignassero davvero. Che richiedessero a gran voce misure capaci di far fronte a quella che è un’emergenza. E invece si finge che sia una situazione ovvia, una condizione quasi scontata: che i…
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