Oggi nel dibattito pubblico tiene banco, e lo farà ancora per qualche tempo, il tema e argomenti correlati, innescati dai due referendum tenutisi in Veneto e Lombardia.
Non sfugge l’uso strumentale della consultazione e ancor più degli esiti del voto, per l’affluenza (specie in Veneto) e per la percentuale di chi si è espresso a favore del quesito proposto. Certamente l’argomento in sé, la giusta autonomia delle regioni e dei territori, per altro contemplato in Costituzione, è tema importante, che però si sarebbe potuto affrontare attraverso gli strumenti già previsti a questo riguardo. Si è voluto, io penso, gettare sulla bilancia della prossima consultazione elettorale un ulteriore argomento che si sa, soprattutto per come esposto, raccogliere un ampio a trasversale consenso, in un momento nel quale si è a corto di argomenti diversi, altrettanto convincenti, da sottoporre al giudizio degli elettori. Ma come dicevo poc’anzi, di un argomento in sé apprezzabile e importante se ne può fare anche materia di divisione e contrapposizione, attraverso ragionamenti capziosi. Non dubito ci siano tra i politici dei vari schieramenti, e tra gli elettori di Veneto e Lombardia, persone che hanno maturato un’idea di autonomia secondo una visione alta, virtuosa e solidale. Temo però che non pochi la intendano in maniera molto banale, terra terra, come un fatto di schèi e paròni a casa nostra. In questo caso più che di autonomia parlerei di egolatria. Culto di se stessi. Non è forse in tale direzione che soffia il vento che pare andare per la maggiore, in questo momento, un po’ ovunque, sia a livello locale, sia nazionale che internazionale? E se questo corrisponde al vero, le cause vanno ricercate anche in risposte che non sono state date, e ancora non vengono offerte, a difficoltà e problemi reali, per cui la gente, illudendosi, preferisce affidarsi a quanti, magari in maniera furbesca, strumentale e interessata, si offrono come piazzisti con la proposizione di ricette semplici e all’apparenza facili e risolutive. A me la situazione attuale pare somigliare tanto a quella narrata nel capitolo 11 di Genesi, nella Bibbia, quanto fu confusa la lingua degli uomini, a seguito della quale furono costretti a interrompere la costruzione della città. Ciò di cui abbiamo maggiore bisogno, così mi pare, forse non è tanto o soltanto di “ricette” tecniche e progetti, quanto di saperci ancora parlare, dialogando tra noi e con tutti, nel rispetto vero e non di maniera per la diversità, che dovrebbe essere avvertita come ricchezza, e poi scegliere, non in base alla convenienza di qualcuno, ma nell’interesse comune, avendo a termine di paragone il benessere soprattutto dei più poveri e abbandonati.