Può la pace essere giusta? E se sì, giusta per chi? In ogni conflitto armato, le ragioni del contendere possono apparire a prima vista facili da definire; in realtà, tutto dipende dal punto di vista dell' osservatore.
Certamente, nel caso di aggressione da parte di uno stato nei confronti di un altro, come ad esempio nella guerra in corso tra Ucraina e Russia, può sembrare semplice stabilire chi è dalla parte del torto e chi della ragione, a condizione che ci si limiti a osservare quanto accaduto in tempi più vicini a noi. Perché se andiamo a ritroso nel tempo per tentare di capire da dove origina il tutto, le cose si complicano non poco. Lo stesso discorso vale per il conflitto israelo-palestinese. Se ci si limita a considerare quanto avvenuto il 7 ottobre di due anni fa, ad opera dei miliziani di Hamas, ci si può facilmente accodare a quanti ritengono la reazione di Israele un tantino esagerata, ma tutto sommato giustificabile. Dove sta la verità? La verità, difficile da ammettere, è che la violenza e la guerra non sono mai la soluzione, ma il problema, ed è quanto non vogliono considerare i soggetti coinvolti e quanti, da una parte o dall'altra, sostengono i contendenti. Le responsabilità in ordine alla violenza perpetrata, ai crimini commessi, agli odi seminati possono essere diverse e avere un peso differente; tuttavia, tutte concorrono a rendere difficile la ricerca di una soluzione. Sarebbe necessario innanzitutto stabilire una tregua, una cessazione dei combattimenti, mettendo in campo tutti gli strumenti esistenti e altri da ricercare di diplomazia, volti a stabilire percorsi concreti di ristabilimento dell'ordine infranto. Per farlo, è indispensabile ristabilire un clima di fiducia tra le parti e la manifesta volontà di riconoscere ragioni e torti, con la disponibilità a riparare il male, i danni e le ingiustizie commesse. Questo richiede la disponibilità al compromesso, che non significa capitolazione dell'uno o dell'altro dei contendenti, ma accettazione ragionevole di patti che, pur non soddisfacendo per intero le proprie attese, rappresentano comunque concrete garanzie di dignità e sicurezza per il futuro. Nei teatri di guerra di cui sopra è mancato un ruolo autonomo, originale e immaginativo che avrebbe potuto svolgere l'Europa. Purtroppo, non è avvenuto, principalmente perché non esiste come soggetto politico. Abbiamo assistito e ancora assistiamo a una sua presenza marginale e asservita all'America, ora da questa, per di più, snobbata. Anziché ravvedersi, riconoscendo gli errori compiuti, pare voler imboccare la strada che stanno percorrendo gli imperi che si sono finora combattuti, per interposta persona, USA e Russia, non essendo nemmeno un impero. Questo percorso è quello che può portarla alla disgregazione, facendo risorgere i vecchi nazionalismi tra gli stati che la compongono, per combattere i quali era nata. Il pericolo per l'Europa non è né Putin né Trump, ma se stessa; la sua perdita dell'anima che l'aveva fatta sorgere, preconizzando un modo diverso di stare nel mondo.
Grazie pe raver letto questo articolo








