Gv 16,23b-28)
In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. 24 Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
25 Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l'ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. 26 In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: 27 il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio. 28 Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre".
Gesù assicura che saremo ascoltati e che otterremo quanto chiederemo nel suo nome. A un primo sguardo la cosa sembra tanto chiara da non avere bisogno di alcuna spiegazione. Tuttavia credo sia esperienza comune constatare di non essere ascoltati da Dio. Allora sorge spontanea la domanda: come mai, perché? Perché chiedere? Cos’è che chiediamo abitualmente a Dio? Salute, benessere, la riuscita di qualche cosa, tutte cose buone, sia chiaro, ma è tutto quello che sappiamo domandare? E poi, qual è l’atteggiamento del nostro domandare? Quello da servo a padrone, da inferiore a superiore? Se questo fosse il nostro modo di rapportaci con Dio, con tutta probabilità significherebbe che non è il Padre rivelatoci da Gesù quello che chiamiamo Dio e al quale ci rivolgiamo, ma qualcun altro. Dio è amore, ci dice l’evangelista Giovanni in una delle sue lettere. Se riusciamo a credere questo, allora anche il nostro modo di domandare cambierà. Chi di noi alla persona da cui è amato si rivolgerebbe con un atteggiamento servile anziché di piena fiducia, contando sul fatto di essere ascoltati? Non solo, sappiamo che l’ascolto da parte della persona che ci ama non è a senso unico, che al contempo ci interpella e diventa dialogo; quindi scambio di pareri e che nel reciproco ascolto si trovano le convergenze migliori per veder soddisfatto un nostro particolare desiderio. Credo che il rapporto con il Padre e con il Signore si svolga su un registro abbastanza somigliante a questo, per questa ragione ci è pure possibile gridare, arrabbiarci e piangere con Dio perché è attraverso i tratti della nostra umanità che sperimentiamo la comunione con lui e che possiamo scoprire di essere amati anche quando tutto pare dirci il contrario. È nella oscurità tante volte che sperimentiamo come basti un piccolo raggio di luce a squarciare le tenebre del nostro spirito, facendoci sperimentare la gioia di saperci amati e custoditi dal Padre.