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Radici
Radici

Ognuno di noi viene da un nido che ci ha visto aprire gli occhi sul mondo. A quel nido ritorniamo coi ricordi e da loro sono nutriti tanti momenti. Se quel nido è stato accogliente, quando ci ha accolti, allora cresciamo sapendo volare verso nuovi orizzonti, cittadini del mondo.

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Scorrevi,

lento e giocoso,

all’ombra degli ontani,

là, in mezzo al prato;

ed io,

sulle tue sponde a cavalcioni,

gigante mi sentivo,

e un poco mago.

Dell’acque tue mi dissetavo,

cogliendole con mani sporche,

insudiciate per il gioco.

E in questo modo,

l’amicizia nostra,

io cementavo.

Il tuo incedere

solenne,

le penne al vento,

quelle della coda,

e dietro,

come ancelle,

le galline,

dicevano di te

più del tuo nome.

Eri temibile

per noi cuccioli

d’uomo

e facevamo a gara

nel distrarti,

scompaginando

ogni giorno

il tuo cammino,

giocando a sorte

quale strada

fare,

per non incrociarti

sul sentiero,

portandoti

il mangime

che t’era ghiotto

A volte ci riusciva

la scommessa;

tal altra eri tu

che ci puntavi,

ferendoci

nel corpo

con tenzone

Poi venne il dì

dell’ultimo contrasto;

finisti a terra,

il collo torto,

con le galline

a piangerti

per morto.

Or timorose

per la loro sorte

non più difese,

com’ era

da gran tempo,

da quell’azzardo

minaccioso

in firmamento.

La neve cedeva un po’ del suo manto

alla terra;

anche il ghiaccio,

ma solo qualche angolo spiccio

baciato dal sole:

quel tanto da farmi sognare.

 

Ascoltavo, rapito,

mormorio di ruscelli rabberciati,

che righiacciavano a sera,

tornando silenti,

ammutoliti dal freddo.

 

Sentinelle indolenti,

annunciavano, pigramente,

primavera.

 

E già correvo a perdifiato

sui prati.

 

I capelli arruffati dal vento,

negli occhi la luce del sole

tornatomi amico,

nel cuore la gioia

repressa già a lungo,

negli orecchi, gorgheggio d’uccelli

innamorati

 

La terra, ridestata alla vita,

ricominciava sanguigna;

veloce;

colorata;

impetuosa.

…E io tornavo, nuovamente, monello.

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