02 ago 2013
L’ITALIA CHE VOGLIAMO
Scritto da Piergiorgio |
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Non gli riesce nemmeno questa volta, fare l’unica cosa che lo avrebbe in parte, forse, rivalutato anche agli occhi degli avversari: tacere. E come avrebbe potuto, lui che dei vaniloqui aveva fatto il suo dominus? Se umanamente è comprensibile che pure un reo confesso avanzi per se stesso delle attenuanti, a un uomo pubblico, a un politico, ad uno statista (visto che è di tale appellativo che si ammanta e lo fregiano i suoi immarcescibili supporter), si adirebbe maggiore misura.

Ma la misura non è mai stata la sua cifra, così non può rinunciare a comparire ancora una volta in pubblico con un video messaggio che è la ripetizione ormai stantia di un repertorio di lagnanze iniziate nel 1993. È questa l’Italia che vogliamo?, si domanda retoricamente, immaginando già la risposta dei molti che neppure di fronte a fatti giuridicamente accertati sono disposti a porsi degli interrogativi. Ebbene sì, è questa l’Italia che in molti desideriamo: un Paese nel quale la giustizia possa fare nonostante tutto il suo corso senza guardare in faccia nessuno, nel quale realmente la legge sia uguale per tutti e i crimini siano perseguiti anche se a commetterli sono personaggi dotati di mezzi e poteri che il comune cittadino non possiede. Ed è certo che un’Italia così a Berlusconi non piaccia e non sia mia piaciuta; lo dimostra l’intero ventennio che sta alle nostre spalle e che lo hanno visto operare soprattutto per ricavarne dei vantaggi a suo favore. Si capisce che non riesca a immaginare che la sentenza, confermata dalla Cassazione, di frode fiscale, sia un premio per l’impegno da lui profuso per vent’anni. Una massima di Carl William Brown afferma: dubitate dell'autorità dei leaders carismatici, quasi sempre infatti conduce allo sfacelo. Tutti i giganti hanno i piedi d’argilla; nel caso di Berlusconi, chi lo ha voluto vedere gigante, e non mi riferisco alla sua statura fisica, ha dimostrato profonda miopia, se non malafede, e sono davvero molti coloro che hanno flirtato con lui in questi vent’anni, anche tra gli uomini di chiesa, anziché denunciarne le malefatte e prenderne le distanze a dispetto di tutto. Ora, in un paese normale, ci si attenderebbe che la sentenza venga semplicemente eseguita, come si conviene per qualsiasi condannato e che, trattandosi di un senatore, sia fatto decadere dal suo ufficio. È inconcepibile che rimanga al suo posto con una condanna così grave sule spalle. Forse l’Italia non ha ancora raggiunto questo grado di maturità e di normalità per permettersi tanto. I prossimi giorni diranno quali saranno gli sviluppi di tutta la vicenda. Che il condannato debba scontare nelle forme dovute il suo debito con la giustizia, si inscrive semplicemente nelle regole del vivere civile. Per quanto mi riguarda non mi sento animato da alcun spirito di vendetta, né mi rallegro per il verdetto emesso ieri. Molto più semplicemente ne predo atto e faccio mio l’auspicio della deputata Laura Puppato del PD, che augura a Berlusconi che «nel prossimo pezzo di vita ai domiciliari possa scoprire il valore della spiritualità, la quiete dopo una vita sopra le righe».

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