Suor Giuseppa (per tutti suor Bepa) è stata una suor a della Carità dell’Istituto “Maria Bambina”. Era nata a Sabbionara d’Avio il 06.12.1928 da una famiglia di contadini con quattro figli: tre femmine e un maschio. Entrò in convento nel 1950, lavorando prima in ospedale per 35 anni, per poi passare alla neonata Casa di Accoglienza Padre Angelo di Trento, centro di accoglienza per ragazze madri.
Se ne è andata in silenzio, come in silenzio, senza tanto rumore, ha vissuto una vita piena, al servizio di tante persone; prima in ospedale e poi presso la casa d’accoglienza “Padre Angelo”. Siamo in tanti a ricordare oggi suor Giuseppa, per noi suor Bepa, nel giorno della sua morte, con animo grato per quanto ha vissuto. È stata una persona che ha saputo dare sapore all’esistenza; la sua e a quella di quanti ha incontrato.
Era legata d’amicizia profonda a don Dante, e al Punto d’Incontro. Tra noi e lei esisteva una corrente di simpatia reciproca; d’intesa spontanea e naturale, pur operando in ambiti per tanti aspetti diversi. Quando veniva a farci visita, e avveniva piuttosto di frequente, era come entrasse in casa il sole. Eppure di problemi e preoccupazioni se ne portava tanti in cuore, condividendoli con don Dante, al quale ricorreva talvolta per conigli, o più semplicemente per un confronto. Però l’ho sempre vista con il sorriso sulle labbra, la voglia e la capacità di saper sdrammatizzare, senza tuttavia cedere alla banalità o al presappochismo. Era una donna forte e tenera allo stesso tempo, e di gran cuore. Parlando delle “so done”, le ragazze madri che ospitava, si commuoveva, e ne parlava con ammirazione. «Io le ammiro davvero» ci diceva, parlando di loro, «perché è molto coraggioso decidere in questo mondo di tenere un figlio da sole. M’inchino davanti a loro». E poi aggiungeva: «Le “mie mamme”, quelle donne lì, mi danno una carica che non mi sembra mai di invecchiare…Penso che non sarò mai capace di dare tanto quanto ho ricevuto da loro e dai loro bimbi». E tuttavia non era stato semplice, neanche per lei, l’inizio di quella sua attività. «Ho iniziato questa attività» ricordava, « pensando di rovesciare il mondo, e invece il primo giorno quando se ne erano andati un po’ tutti, me ne sarei andata anch’io, avrei smesso subito perché vedevo una cosa molto più grande di me stessa. Poi sono rimasta e siamo andati avanti». Considerava valori importanti «il dialogo, la sincerità, il rispetto della persona, di ogni persona, qualunque sia il suo passato o il suo presente, e la fiducia reciproca». Queste, affermava, «sono state e sono le colonne portanti del nostro vivere insieme, per creare un clima di famiglia e per avere la forza di affrontare e superare, giorno dopo giorno, le inevitabili fatiche che si presentano lungo il cammino della vita». Guardando all’esperienza vissuta fino a quel momento, confessava: «È stata un’avventura bella per me e non finirò mai di ringraziare il Signore per aver fatto questa esperienza». Suor Bepa è stata una testimone credibile di quel Vangelo e di quel Gesù che la ispirava, muovendola nel suo agire. Una figura dunque di esempio anche per noi, oggi, così schiacciati a volte, dalla mancanza di prospettive, che possono indurre a cedere allo sconforto. Con la sua vita semplice ma laboriosa e impegnata, lei ha narrato, con i suoi limiti, che una vita che si fa dono, si arricchisce; si espande, e quando incontra la morte fisica, la supera, vive per sempre, in una dimensione nuova. Le opere del giusto lo seguono, afferma la Sacra Scrittura. Amo pensare che suor Bepa sia seguita in questo momento da tanti sorrisi di donne rinate alla vita, di bimbi magari già grandi, di tante persone che devono a lei l’aver ritrovato una ragione di vita, lo stimolo per continuare; per aver incontrato lungo strada il suo sorriso accogliente, il suo incoraggiamento, le sue braccia stese in un gesto di aiuto; in un abbraccio. Grazie suor Bepa; ti siamo riconoscenti.