Vent’anni fa esplodeva il fenomeno definito Mani Pulite e per un breve periodo si ebbe la sensazione di una svolta, se non di una rivoluzione nel nostro Paese. A tanti anni di distanza dobbiamo amaramente costatare che poco è cambiato. La corruzione dilaga ancora e come un male oscuro avvelena i rapporti tra cittadini e tra questi e le istituzioni, rendendole assai poco credibili agli occhi di questi ultimi, se è vero che il 95% degli italiani crede che le istituzioni nazionali siano corrotte.
Il fenomeno interessa vari ambiti della vita pubblica. Le cause sono molteplici e i rimedi non sempre di facile soluzione. A ben vedere, però, tutto può essere riconducibile all’avidità, alla sete di potere o anche - perché no? – al delirio di onnipotenza dal quale si fanno guidare quanti dovrebbero essere semplicemente al servizio dei cittadini. «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri», ci ricorda George Orwell, ne la fattoria degli animali, e quanti corrompono o si fanno corrompere, dimostrano, al di là di ogni dichiarazione di senso contrario, di ritenersi “più uguali” di tutti gli altri cittadini; quindi di “meritare” un trattamento e potersi permettere una condotta diversa. La corruzione è anche un’arma di pressione e ricatto da parte delle mafie, rileva l’ex procuratore antimafia Vigna, alla quale ricorrono per ottenere “norme o provvedimenti a essa favorevoli”, prima di ricorrere alla violenza. La corruzione in Italia vale circa 60 miliardi di euro l'anno, secondo il procuratore generale aggiunto della Corte dei Conti, Maria Teresa Arganelli. Se a questi aggiungiamo i 120 miliardi di evasione fiscale, abbiamo le coordinate per comprendere l’incidenza che i due fenomeni richiamati, hanno sulla vita pubblica di noi tutti. Il debito pubblico che grava sulle spalle di noi tutti, e per il quale siamo chiamati a sacrificarci, è in buona parte addebitabile anche a questi due fattori, benché magari in molti non se ne abbia consapevolezza. Ragione in più per combattere convintamente la battaglia della legalità, che in concreto significa non assuefarsi all’andazzo generale, ma pretendere comportamenti virtuosi ad ogni livello, praticandoli al contempo, ciascuno nel proprio ambito di vita. La corruzione è l'arma della mediocrità, affermava Honoré de Balzac. Troppi pensano, al contrario, che sia l’arma dei furbi; meglio, dei capaci, dove per capaci si intende quanti si reputano una spanna superiore agli altri. “Più uguali degli altri”, per ritornare ad Orwell. Ma sarà soltanto quando nella coscienza dei più sarà maturata la consapevolezza che costoro sono dei parassiti della società da guardare con commiserazione, che avremo avviato un reale cambiamento, nel segno di una società davvero di uguali, nella quale, semmai, a fare la differenza saranno le reali capacità e competenze di ciascuno, e qualità quali l’onestà, la probità e la rettitudine, piuttosto che i requisiti in auge oggidì, riassumibili con mediocrità, familismo, raccomandazione, intrallazzo e carrierismo.