La bussola, lo sanno tutti, è uno strumento che serve per individuare i punti cardinali, ed è indispensabile viaggiando per mare o in spazi vasti, nei quali non ci siano punti certi di riferimento. La crisi che stiamo attraversando, possiamo ben definirla come uno spazio di vaste proporzioni, dentro il quale siamo costretti a muoverci, avendo chiaro in testa dove vogliamo arrivare. Ma è proprio questo che pare mancare: una direzione certa ed un approdo.
La bussola che reggono in mano coloro che stanno sul ponte di comando, reca una sola indicazione: crescita. Ossia la rotta perseguita fino ad oggi, che è quella che ci ha fatto deragliare, perché si regge su presupposti che hanno mostrato anche fin troppo (per chi voglia vedere), la cosa certa che ci aspetta: il naufragio. L’assunto di fondo è che si deve produrre maggior ricchezza; a ritmi più elevati e in barba ad ogni diritto, perché solo così potremo beneficiare di qualche utile. Di benessere e prosperità il mondo avrà ancora certamente bisogno, ma prima ancora di giustizia, di equità. È su questo versante che siamo, non solo carenti, ma decisamente rimasti al medioevo, se non alla preistoria. Un solo dato dice più di mille parole. La terra produce alimenti bastanti a sfamare molti più abitanti di quanti ne conti al presente, e tuttavia non suscita alcun scandalo, in molti, troppi, le centinaia di migliaia di persone che muoiono ogni giorno di fame. Altrettanto dicasi per la salute; le malattie che potrebbero essere tranquillamente debellate. E via discorrendo. Ma anche restringendo lo sguardo al nostro Paese, le cose che si potrebbero fare, in luogo di altre, per contrastare povertà, mancanza di lavoro, offerta di servizi alle persone, sarebbero un lungo elenco. E invece, quello che si prospetta, è solo un déjà-vu, magari con qualche piccola variante, che però non cambia la sostanza. Questo per due ragioni: la mancanza di proposte davvero alternative e innovative, per una parte. Dall’altra, la difesa corporativa di privilegi vecchi e nuovi di chi sta bene. Lo sguardo lungimirante, capace di immaginare un futuro diverso, oggi fa un po’ difetto. A molti manca del tutto. Ne è un esempio eclatante la canea che è stata sollevata proprio in questi giorni, dopo l’intervento del Capo dello Stato, Napolitano, circa l’assurdità e la follia della mancata attribuzione della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia. Non è che un esempio della miopia di tanta gente. Si racconta che la regina Maria Antonietta di Francia, a chi le notificava che il popolo si lamentava per la mancanza di pane, abbia risposto, dategli brioche. Poi venne la rivoluzione e lei perse… la testa. Temo che sarà ancora così. Temo che le cose inizieranno davvero a cambiare, soltanto quando il nostro mondo sprofonderà sotto i colpi inevitabili della storia. E allora non sarebbe meglio invertire la rotta? Fare diversamente da quanto è stato fatto fino ad ora? Personalmente mi sembrerebbe del tutto ragionevole, anche se questo significasse avere tutti un po’ meno, ma avere tutti il necessario per vivere dignitosamente. Anche coloro che hanno molto, farebbero ancora in tempo a conservare la propria testa.