01 ott 2011
NO ALLA LEGGE BAVAGLIO
Scritto da Piergiorgio |
Letto 3741 volte | Pubblicato in Il mio blog
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La libertà di pensiero e di parola parla un linguaggio plurale e sostanzia il concetto stesso di democrazia. Non a caso la nostra Carta Costituzione, all’art. 21, la tutela. Il potere, al contrario, la teme; sempre, e quando può usa degli strumenti a sua disposizione per comprimerla, limitarla canalizzarla a suo favore. Tanto più quando il potere si regge sulla prevaricazione, l’abuso, la manipolazione delle coscienze, l’uso distorto del consenso elettorale conseguito, come sta avvenendo da parte dell’attuale governo.
Allora non c’è da stupirsi, ma da preoccuparsi non poco della ripresentazione del ddl sulle intercettazioni che, prendendo a pretesto abusi reali o presunti fatti delle medesime, intende introdurre, di fatto, un bavaglio alla libertà di stampa, stabilendo una restrizione della medesima e penalizzando pesantemente chiunque esprima un pensiero diverso dai desiderata di chi governa. Particolarmente grave è ritenuto poi il comma 29 del medesimo ddl, definito ammazza blog, che prevede l’obbligo di rettifica entro 48 ore, equiparando i blog al giornalismo su carta stampata o radiotelevisivo. Il professor Stefano Rotdotà, intervistato al riguardo, afferma di non sapere se in questo specifico caso si debba parlare di” ignoranza assoluta delle nuove tecnologie oppure di deliberata volontà di censurare” Tuttavia si dice convinto che “nell’uno o nell’altro caso è palese il tentativo di imbavagliare qualcuno”. E che questa volontà di imbavagliare sia più di un ipotesi, pare abbastanza suffragata dall’ammontare della cifra che chi “sgarra” dovrebbe pagare; dodici mila euro, cosa che da sola sarebbe sufficiente a indurre in quanti scrivono, una sorta di autocensura preventiva. Nei mesi scorsi si è tanto parlato, enfatizzandone tante volte l’importanza e, indirettamente beatificandoli, i social network, per il ruolo che avrebbero avuto nelle rivoluzioni arabe. Quando però, gli stessi, da noi, mettono a nudo il re, proclamandone la nudità, ecco che all’improvviso diventano strumenti demoniaci da inquisire, condannare. Naturalmente non è soltanto il nostro Paese ad essere nell’occhio del ciclone. Basti pensare a quanto è avvenuto in Ungheria, senza che questo impedisse allo stesso Paese di assumere dal 1° gennaio la presidenza dell’Unione Europea, mentre in contemporanea entrava in vigore una nuova legge sui mezzi di comunicazione e la libertà di stampa senza precedenti all’interno dell’UE. Legge che prevede che tutti i mezzi d’informazione radiotelevisivi, cartacei e online, di proprietà pubblica o privata siano sottoposti alle medesime restrizioni e al controllo di una nuova Autorità per le comunicazioni. L’Autorità in questione potrà imporre sanzioni per tutti quei contenuti considerati contrari "all'interesse pubblico", "alla morale comune" e "all'ordine nazionale" o per notizie riferite in modo "non equilibrato". L’interpretazione, manco a dirlo, è in capo all’Autorità, non a qualche legge. Credo che a taluni nostri governanti una legge sulla falsariga di quella ungherese non dispiacerebbe punto. Ma anche in Francia si è affacciata una tendenza di uguale segno, se il 18 aprile scorso, partecipando a un simposio internazionale a Mosca, il rappresentante OSCE per la libertà di stampa Dunja Mijatovic si è sentita in dovere di esprimere preoccupazione per le crescenti pressioni contro i giornalisti in alcuni paesi europei, affermando che tra quelli che dovrebbero essere attentamente monitorati, ci sono l’Ungheria di Viktor Orban con la sua nuova legge sulla stampa, l’Italia con la proprietà di molti media da parte del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e la Francia con la presa sui media del presidente Nicolas Sarkozy e dei suoi amici. Tornando al ddl intercettazioni, il professor Rotodà paventa un rischio concreto per la nostra democrazia, tanto più che questa volta, la maggioranza di governo parrebbe intenzionata a far quadrato attorno al provvedimento in discussione, ricorrendo ancora una volta alla fiducia, per poterlo approvare. Ecco perché è urgente che ci si mobiliti impedendo che si faccia strame delle libertà civili, magari ritenendo, a torto, che si tratti di una questione che riguarda soltanto i giornalisti. Siamo vissuti per anni nell’ abbaglio, e molti hanno finito per crederci, che un buon governo, per poter funzionare come si deve, doveva disporre di una maggioranza autosufficiente e di un capo indiscusso, accettando perfino di rinunciare per questo a parte della nostra sovranità di cittadini. Abbiamo potuto verificare drammaticamente che non è affatto così. Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia, in un suo saggio concludeva che perfino quando scoppia una carestia tra le ragioni principali va annoverata la quantità di democrazia. Ed Erich Fromm, in Avere o essere?, affermava che “la democrazia può resistere alla minaccia autoritaria soltanto a patto che si trasformi, da "democrazia di spettatori passivi", in "democrazia di partecipanti attivi", nella quale cioè i problemi della comunità siano familiari al singolo e per lui importanti quanto le sue faccende private”.
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