Ultima modifica Mercoledì 24 Agosto 2011 15:41
24 ago 2011
L’AVIDITÀ CHE UCCIDE
Scritto da Piergiorgio |
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Proviamo a fare un semplice calcolo. Stando a quanto ci dicono i numeri e le inchieste, se la ricchezza complessiva del nostro Paese poniamo sia di valore 1.000 e la popolazione dell’Italia pari a 100 abitanti, avremo questa situazione: dieci persone possederebbero una quota pari a 400 di tale ricchezza e 90 si dividerebbero il restante 600. Sempre dal punto di vista statistico, significherebbe che ciascuna delle 10 persone più ricche potrebbe contare su una ricchezza personale pari a 40, mentre le altre 90 persone di dividerebbero un capitale personale di circa il 6,6.
Come si può vedere il divario tra i primi e i secondi è enorme. Aggiungiamo che nella realtà non tutte le 90 persone potrebbero contare su quel 6,6, perché si sa che, come ha scritto qualcuno, che una delle poche certezze assolute della statistica è che ciò che è “medio” non esiste. Il che significa che tra quelle ipotetiche 90 persone, ce ne sarebbero di quelle che stanno relativamente bene, altre che faticano enormemente a tenere il passo e altre che proprio sopravvivono tra molti stenti. Se poi provassimo a proiettare sul piano mondiale tale schema, la situazione ci apparirebbe ancor più drammatica. Nonostante tutto questo sia risaputo e ampiamente conosciuto, pare interessi poco. Si continua a procedere come non fosse un problema; anzi, il problema. La questione della giustizia distributiva, dell’equità fra popoli e persone, pare interessi ben pochi. Non è politicamente corretto parlarne. Eppure è proprio qui che affondano e da cui originano i maggiori problemi. La parola d’ordine del presente, è accrescere la ricchezza, nell’illusione che questa porti ad un maggior benessere per tutti. Ma non è quello che abbiamo fatto fino ad ora? E con quale risultato? Che abbiamo scatenato l’appetito insaziabile di molti. L’avidità di gruppi e di persone è ciò che crea sperequazioni, ingiustizia diffusa, mancanza di opportunità di vita per troppi. Eppure basterebbe poco per raddrizzare almeno un po’ la corsa pazza di questo mondo. Basterebbe comprendere che siamo un’unica umanità con un identico destino. Che un mondo nel quale a tutti fosse riconosciuto il diritto di esistere con dignità e poter vivere una vita degna di questo nome, è nell’interesse di tutti e di ciascuno. Però non è così. Di più. Ci sono persone che ritengono tranquillamente (anzi, operano attivamente in tal senso), che se sparissero da un giorno all’altro dal pianeta terra un paio di miliardi di persone, sarebbe conveniente per gli altri rimasti; specie per quelli che già stanno bene. E questo in barba a convenzioni e diritti enunciati solennemente e così spudoratamente richiamati in tante occasioni. La cosa preoccupante, è che in troppi siamo all’oscuro di essere parte, come scrive Jhon Perkins, nel suo Confessioni di un sicario dell’economia, di un meccanismo economico che crea un appetito insaziabile di risorse economiche e dà vita a sistemi che incoraggiano la schiavitù. Per intraprendere, è ancora Perkins che scrive, un cammino verso la compassione, la democrazia, la giustizia sociale per tutti, è necessario che prima di tutto riconosciamo che esiste questo problema. Non è quanto mi pare di cogliere in tutto il dibattere di questi giorni da parte della politica italiana.
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