Parlano, parlano; sono un fiume di parole ma tante volte non dicono proprio niente, o se dicono qualcosa, beato chi li capisce. Non tutti; non sempre, ma certo una buona parte. Mi riferisco a certi politici, ma potrei aggiungere altre persone che in questi ultimi tempi amano pontificare sulla crisi che ci attanaglia e sui rimedi, quando ne parlano, per venirne fuori. Di tanto parlare, una sola cosa mi pare abbastanza chiara, comunque procedano le cose, a pagare saranno sempre gli stessi, in altre parole tutti noi, che in misura diversa già fatichiamo a far quadrare i conti di casa.
È certo paradossale, ma così va il mondo, che a discettare sui massimi sistemi siano i medesimi che i debiti li hanno contratti, permessi o favoriti; magari anche arricchendosi, e contemporaneamente assurgano a medici curanti di questa malattia. Sarebbe come se a guidare un club di alcolisti in trattamento, fosse proposto qualcuno con la sbronza cronica; o che a eseguire un trapianto di cuore, si accingesse un chirurgo con il delirio tremens. Eppure tutto ciò lo vogliono far passare come normale. Non c’è che dire: la modestia non è la virtù maggiore che li contraddistingue. Avessero almeno il pudore di fare un poco di silenzio; di misurare le loro esternazioni. Di dire, almeno qualche volta: scusate, devo rifletterci un momento. Macché! Loro esprimono sempre e soltanto grandi certezze. Tanto che costa, se serve, rimangiarsele in parte o anche del tutto? Sono soltanto parole; parole in libertà, che però sanno far male. E molto e a tanti. Allora ecco il mio suggerimento. Si prendessero un po’ di tempo (ne hanno molto a quanto pare), per ritirarsi in qualche luogo in cui vivere in silenzio. Non come assenza da qualsiasi rumore, tanto per continuare a vivere, in modo diverso, quello che fanno da sempre, ma per rientrare un po’ in se stessi, ascoltando quello che ha da dire, se mai ce l’hanno, il cuore. E il cuore, per dire l’intimo di una persona, in genere non può mentire. Potrebbero a quel punto, imparare a ridefinire il concetto di spazio, di tempo e anche di valori. Magari farebbero un’esperienza emotiva profonda, riuscendo perfino a percepire il grido di quanti, pur non tacendo la loro situazione, non vengono mai ascoltati, perché sono altre le voci che giungono alle orecchie dei potenti. Ma temo sia un suggerimento poco gradito, e quindi rinviato al mittente, per una semplice ragione. “La prima grande forma del silenzio – scrive il filosofo Roberto Mancini - è l’incontro con la nostra libertà. Ci fermiamo, perché il silenzio richiede una sosta, richiede l’interruzione dell’attività ordinaria e scopriamo che il mondo va a vanti anche senza di noi. Per l’uomo della volontà di potenza questo è terribile, è una mortificazione, è una umiliazione profonda, forse nel linguaggio degli specialisti si chiama ferita narcisistica”. Ecco che allora quello che potrebbe essere un buon suggerimento, è necessariamente destinato a non trovare alcuna accoglienza, da parte di quanti ne avrebbero, a mio modestissimo parere, un gran bisogno.