22 mag 2011
SE DIO HA UN SOGNO
Scritto da Piergiorgio |
Letto 3524 volte | Pubblicato in Il mio blog
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È sempre un avvenimento, per me, e un gioia, poter, assieme a tante altre persone, presenziare alla festa dei Popoli che si tiene ormai da 12 anni a Trento. Mi rammarica constatare che purtroppo non è frequentatissima dai trentini, e neanche da religiosi e preti, benché promossa dall’Arcidiocesi di Trento, segno che su questo versante siamo tutti chiamati a riflettere e interrogarci. Eppure, mi viene spontaneo di pensare che, per quanti si dicono credenti, cristiani, senza voler assolutamente escludere tutti gli altri (ma poi chi sono i veri credenti?), motivi per sentirsi maggiormente coinvolti in tale festa, ne avremmo e anche più d’uno.
Ancora più di questi nostri tempi, nei quali tante volte paiono prevalere considerazioni di chiusura nei confronti degli immigrati. Mi riesce difficile comprendere le ragioni di coloro che non sanno, non riescono, o non vogliono, lasciarsi contaminare, interrogare, mettere in discussione, accogliere, relazionarsi con persone e gruppi che non appartengono a questa terra trentina per nascita, ma che lo sono per elezione, scelta, casualità; perché ci vivono, ci lavorano, vi appartengono di diritto in quanto persone, con tutta la loro ricchezza di lingue, costumi, culture, credo, così ben espressi nella festa tenuta in piazza Fiera. A volte penso che se Dio ha un sogno, questo sia proprio simile a quello che si realizza in tale circostanza; nell’incontro fra persone di lingua, colore, religione, cultura diverse, che assieme esprimono una sinfonia che ha i colori dell’arcobaleno e l’armonia della «convivialità delle differenze», il vero nome della Pace possibile fra le persone, i popoli, le nazioni. Dovremmo imparare tutti quanti, nella ferialità del nostro quotidiano, a saper operare nella direzione che la festa dei Popoli annuncia e svela, rifuggendo da tutto ciò che lo contrasta, e che prende le mosse da paure in parte vere, più spesso strumentali e indotte, che vorrebbero spingerci a vedere nell’altro, nel diverso, nell’immigrato, il nemico dal quale difenderci e dal quale vivere separati, rinchiusi dentro i recinti di una identità vissuta come limite invalicabile all’incontro, alla relazione, anziché come modalità parziale e limitata di espressione di sé. In questo senso, anche come cristiani siamo chiamati a una vera e propria metanoia – cambio di mentalità – e per fare questo, è necessario, come afferma Leonardo Boff, che cristianizziamo la nostra concezione di Dio. Infatti, benché crediamo al mistero della Trinità, ci lasciamo ben poco compenetrare dallo stesso, se è vero che siamo più propensi a ritenere, parafrasando ancora il teologo brasiliano, che la verità non stia dalla parte della comunione, ma dell’esclusione; che non già il consenso, ma l’imposizione, traduca meglio la verità. Anche il vangelo di questa domenica, 22 maggio, si presta molto bene a contrastare una certa mentalità assai diffusa tra cristiani, e non solo: quella di ritenere di possedere la verità. Ecco quanto scrive il biblista Alberto Maggi, a commento del vangelo odierno: “Gesù, a Tommaso che chiede letteralmente: “«Non sappiamo dove t’incammini»”, verbo che indica un cammino senza ritorno. Lui non capisce come la morte possa avere degli aspetti positivi, Gesù risponde con un’affermazione solenne, importante: “«Io sono»”, quindi rivendica la condizione divina, “«La via»”, cioè un cammino verso qualcosa e questo cammino è verso “«la verità»”. Gesù non afferma di avere la verità, Gesù non dice: “Io ho la verità”, ma “Io sono la verità”. E non chiede ai discepoli di avere la verità, ma di essere la verità. Grande è la differenza. Chi ha la verità, per il fatto stesso di possederla, si ritiene in grado di giudicare, e condannare chi non la pensa come lui. Essere nella verità significa essere inseriti nello stesso dinamismo d’amore di Dio che vede il bene dell’uomo come valore assoluto”. Quando coloro che, attestandosi su posizioni di intransigenza e di chiusura xenofoba e razzista nei confronti dei migranti, lo fanno a partire dalla rivendicazione delle proprie radici cristiane, e accusano quanti, lasciandosi interrogare dalla Parola, e proprio a motivo di questa, sostengono posizioni contrarie, di cattocomunismo, dovrebbero quanto meno chiedersi se è davvero dalla stessa identica fede che traggono le loro indicazioni, o non piuttosto da un pensiero altro, che poco ha da spartire con il vangelo. Comunque la pensino, il futuro è già iniziato e, solo a volerlo vedere, si dispiega su uno spartito e una grammatica che sono quelli andati in scena in piazza Fiera e non secondo la recita stanca di certi comizi elettorali di questi giorni a Milano.
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