“Migliaia di persone si sono riversate nelle strade oggi davanti alla Casa Bianca e a New York, sventolando bandiere americane e suonando i clacson per celebrare la morte del leader di al Qaeda Osama bin Laden”. Così un’agenzia di stampa, comunica quanto avvenuto in America, alla notizia dell’uccisione dell’uomo più ricercato al mondo.
Mi pare un modo piuttosto triviale di festeggiare quella che appare agli occhi di molti una sorta di liberazione da un incubo e che però, a ben vedere, si situa proprio dentro quel solco che i terroristi hanno inteso scavare fra i popoli con le loro azioni, con la loro ideologia di morte. Un modo piuttosto per riproporre una divisione artificiale fra buoni e cattivi che fa tanto odiens, quasi che chi sta da quest’altra parte del fronte non abbi proprio nulla da rimproverarsi. Scaricare su un unico soggetto tutto quanto di negativo esiste al mondo, è un modo piuttosto primitivo di leggere gli avvenimenti e la storia. Così come abbiamo bisogno di miti positivi, abbiamo altrettanto bisogno di miti negativi e Osama bin Laden si presta molto bene a questo genere di lettura. E allora ecco che l’annuncio della sua morte può diventare motivo di festeggiamenti, quasi si trattasse della vincita di un campionato di calcio. Francamente non riesco ad unirmi al coro, perché sono del parere che ciò che si può festeggiare è solamente la vita; la morte mai, neanche del nemico più acerrimo. Se lo facciamo, allora credo che facciamo del male a noi stessi.