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20 mar 2010
SAN ROMERO D'AMERICA
Scritto da Piergiorgio |
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Sono passati trent’anni da quello sparo (24 marzo 1980) che ha messo fine all’esistenza terrena di monsignor Oscar Romero, ma il vescovo salvadoregno è più vivo che mai nella coscienza e nel cuore di milioni di persone che guardano a lui come esempio di pastore che si è fatto popolo; che ha ascoltato il grido di quanti erano stati affidati alla sua cura pastorale; che come il pastore bello del Vangelo, ha saputo dare la sua vita per le sue pecore. Nel cuore e nella coscienza di milioni di cristiani, è san Romero d’America da tempo. Soltanto nella “prudenza” tutta curiale di una Chiesa gerarchica più abituata a fornicare con i potenti che a lasciarsi interrogare dalle istanze di liberazione che salgono dagli strati più umili e poveri del mondo, il mite vescovo Romero può ancora suscitare timore; forse paura.

 Perché un testimone come lui, per altro riconosciuto tale anche dal papa Giovanni Paolo II, possa ottenere gli onori degli altari e quindi essere proposto alla venerazione e all’esempio di tutti, c’è bisogno che in qualche modo quello che ha significato di rivoluzionario e di rottura rispetto a un certo modo di essere Chiesa, si stemperi nel ricordo; diventi in qualche modo meno profetico. La storia, e non solo con il vescovo Romero, si ripete: ai profeti (santi e martiri di tutti i tempi) si innalzano monumenti soltanto quando rischiano di non essere più pericolosi. Quando in buona coscienza (?) possiamo dire: “se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non avremmo agito come loro”. Intanto siamo disposti a colpire con la maldicenza o a perseguitare altri profeti che sorgono nel frattempo. Quanta ipocrisia! Un Chiesa che non sa riconoscere i migliori tra i suoi figli, è una povera Chiesa; più attenta a non disturbare gli equilibri di potere che intreccia ovunque con quanti detengono il potere, piuttosto che una Chiesa mossa soltanto dalla fedeltà al Vangelo, ispirata nel suo agire dallo Spirito. Confessiamolo: siamo poco credibili, anche se continuiamo a dirci credenti.

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