Gesù, mi sa tanto che somigliamo a quanti passando davanti a te crocifisso scuotevano la testa in segno di disprezzo dicendo: Ehi, tu che volevi distruggere il tempio e ricostruirlo in tre giorni, salva te stesso! Prova a scendere dalla croce!
È vero, non usiamo le stesse parole e i nostri gesti paiono diversi, ma quanto somigliamo a quelli ora che nella prova ti invochiamo chiedendoti un segno dal Cielo, demandando a te la soluzione di un problema che ci angustia tanto.
Abbiamo comodamente dimenticato i tuoi ammonimenti di quando affermavi: pensate voi che “quei galilei fossero più peccatori… che quei diciotto fossero più colpevoli…che quei siriani, quegli africani, quegli afgani, quei richiedenti asilo, quei migranti fossero più colpevoli? No vi dico, ma se non cambierete perirete tutti allo stesso modo.
Ora facciamo ricorso a te, ora che tutte le nostre sicurezza paiono averci abbandonati, ora ce ne torniamo battendoci il petto e in tanto si è fatto buio su tutta la terra.
Tu ci rispondi con il silenzio, un silenzio che ci rimanda alle nostre responsabilità.
Tu sei un «un Dio crocifisso, religiosamente immondo, politicamente irrilevante, personalmente disperante! Non salvi da nessun punto di vista! […] noi tutti vogliamo un dio che salvi se stesso, perché salvi “noi”» (Silvano Fausti, l’Idiozia)
Ancora non abbiamo capito e continuiamo a non capire che tu sei un Dio che salva gli altri perdendo se stesso.
Allora io penso di vederti in azione nei medici, negli infermieri nei tanti volontari che in ogni ambito, senza misura si prodigano per guarire, portare sollievo e che lo fanno carichi di paura ma mossi da inguaribile capacità di farsi dono.
Donaci, Signore, di comprendere che tu, Dio crocifisso, sei colui che ci libera da un dio tremendo che come facciamo noi risponde alla violenza con la violenza, al sopruso con il sopruso, al bisogno con l’indifferenza ed il distacco, al male con la vendetta ed il castigo.
La tua croce ci mostra il volto dell’unico Dio accettabile per noi: un Dio che si mette nelle nostre mani e dona tutto se stesso.
È questa la medicina di cui abbiamo bisogno, il miracolo che non attendiamo e neppure invochiamo: togliere di mezzo a noi l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, offrire il pane all’affamato, saziare chi è digiuno. Solo allora brillerà tra le tenebre la nostra luce e la nostra oscurità sarà come il meriggio. (Isaia 59, 9cd-11)
La tua croce, Signore, «è la domanda di Dio che fa tacere le nostre domande su di lui, il silenzio maestoso con cui risponde ai nostri chiassi, turpi, ridicoli o disperati interrogatori» (Silvano Fausti, l’idiozia)
Facci riposare in questa domanda che fa tacere tutte le nostre, Signore, e fa che impariamo da te che sei mite e umile di cuore l’arte ci farci dono come lo sei tu per noi. In questo amore troveremo sollievo per l’anima e per il corpo, e la capacità di vivere e sperare.