Ancora interroga, suscita simpatie, cattura l’attenzione, l’uomo di Nazareth del quale in questi giorni facciamo memoria. Poco importa, comunque viene dopo, che ci si divida a suo riguardo nel ritenerlo o no il Figlio di Dio.
Naturalmente non è indifferente né secondario, per quanti credono il sostenerlo. Personalmente mi affascina e mi appassiona il sapere che anche quanti non esprimono una fede esplicita nella sua divinità, da lui, dalla sua vita, dal suo messaggio, si lascino interrogare. Avvertano che in lui, in quanto ha fatto e detto, in come ha vissuto, ci sia un orizzonte di senso, qualche cosa che muove verso l’umanizzazione piena delle persone. Può anche essere che certe formulazioni di fede, per come sono proposte, per il linguaggio e anche - perché negarlo? - per le incongruenze di noi cristiani, arrivi scialbo, annacquato ai nostri contemporanei, a quanti sono assetati e affamati di vita. A quanti, e sono molti, sono cercatori di verità. Il Nazareno, con il suo messaggio, non è tramontato, nella coscienza di tanta gente, a differenza di altri miti che hanno catturato gli animi di molti in passato. E per una ragione semplice, a mio parere: l’intima coerenza tra quanto ha detto e fatto. Perché ha dimostrato in modo sommo che si può amare sempre; anche i nemici e che è possibile restare umani anche nella persecuzione; anche nella peggiore morte inflitta con un’esecuzione infame. La sua morte, così come la sua vita, non lasciano indifferenti. Difficile passare davanti a quel crocifisso innocente senza alzare lo sguardo, senza domandarsi: perché? Senza lasciarsi intimamente interpellare. Certo, accade allora e capita anche oggi, dinanzi ai crocifissi odierni, che tanti transitino indifferenti, insolenti e seguitino la loro strada. Ciascuno di noi è posto di fronte a un bivio, nella vita. La scelta su come impegnarla è solo nostra: possiamo andare oltre, restando indifferenti dinanzi alle ingiustizie, alle sofferenze, alle mancanze di opportunità di vita degna di questo nome che sono di molte persone nel mondo, oppure, a somiglianza di Gesù di Nazareth, farcene carico, per quanto sta nelle nostre possibilità e, come lui, fare quanto è in nostro potere per cambiare lo stato delle cose. Abbiamo una sola certezza: se sceglieremo di operare come lui ha operato, assieme a persecuzioni e ostracismi, avremo in cambio vita in pienezza. La sua resurrezione ne è la dimostrazione. Credere che lui sia il Vivente, non è frutto del vedere, ma è credendo che si può vedere, perché la resurrezione non è la rivincita sui nemici – se così fosse, Gesù sarebbe apparso per primo ai suoi carnefici – ma conseguenza di quel morire per gli altri, a immagine del chicco di grano, che si fa alimento per gli stessi persecutori. Con questo spirito auguro ai miei quattro lettori buona Pasqua.
Venerdì santo
Si è sottratto alla vista di chi invocava un segno
dal Cielo.
Si è nascosto nel volto tumefatto del
Figlio dell’ Uomo,
come avanzo di galera, tra altri;
scarto scagliato fuori le mura,
il mio Dio.
Si è nascosto negli abissi di morte
che straziano ogni carne, ovunque,
nel mondo.
Si è rimpiattato tra le pieghe di dignità frantumate
di uomini, donne, bambini,
ai quali è strappato il respiro,
che ora è rantolo,
dentro tutte le nostre periferie.
Si nasconde nel grido che risuona in ogni tempo,
chiedendo pietas,
tra gli insulti beffardi di quanti voltano altrove
lo sguardo.
È buio anche oggi su ogni Calvario.
Ci è chiesto uno sguardo giusto, sincero, veritiero,
per vedere il Volto di Dio.