26 feb 2014
CAMMINANTI
Scritto da Piergiorgio |
Letto 3463 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Confesso che non mi ha particolarmente conquistato il dibattito di questi giorni sull’insediamento del nuovo governo, pur avendo seguito con una certa attenzione, quanto avveniva dentro le aule parlamentari. E non per supponenza o perché prevenuto nei confronti del nuovo esecutivo.

Penso si possa concordare con il Primo ministro circa il fatto che non è più tempo di chiacchiere, ma di fatti e anche sulla necessità che la politica debba uscire dal palazzo e parlare il linguaggio della gente. D’altronde sono cose già ribadite anche in passato. Lo scarto reale è proprio tra le dichiarazioni di principio, sulle quali è relativamente facile convenire, e i comportamenti che dovrebbero innervarli, i quali, al contrario, sovente li contraddicono. Una prima mastodontica contraddizione, a mio modesto parere, consiste nel fatto che, a parere degli interessati, il programma di governo annunciato, più con titoli qualche volta altisonanti, che con declinazioni più pratiche e definite, trovi il pieno accordo di formazioni politiche che si dicono concorrenti tra loro. Si dirà che stante la situazione e dal momento che si tratta di un governo di coalizione, non sia possibile fare diversamente. Ma come può suonare parimenti piacevole un obiettivo da perseguire, tanto per chi si definisce di destra, quanto per chi si definisce di sinistra? Un compromesso onorevole su una determinata questione ci può ben stare, a condizione che sia chiaro a tutti che di compromesso si tratta e non di altro. Compromesso necessitato, da superare nel momento in cui condizioni politiche diverse lo rendessero perseguibile. Un solo esempio, per intenderci: la questione dello ius soli. Certamente è preferibile al nulla di fatto, o peggio alla chiusura totale sull’argomento, che sia possibile conseguire la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati dopo un determinato percorso scolastico anziché al momento stesso della nascita, piuttosto che la disciplina attuale, purché si dica apertamente che si tratta di una situazione di compromesso che s’intende superare quanto prima, non appena una maggioranza di governo diversa permetterà di rimettere mano all’intera materia. Lo stesso dicasi per tante altre questioni. Temo però che non sia così. Temo che nella testa e nella mente di troppe persone sia semplicemente scemata la differenza tra destra e sinistra e che si tenda verso una melassa indistinta, o meglio che ci si riconosca in quanto non poche persone sentenziano ormai da molto, che non esisterebbero più queste categorie di pensiero, essendo definitivamente tramontate perché appartenenti a un passato ormai tramontato. Vogliamo usare altri termini, quali conservatori e innovatori? Usiamoli pure se questo può rendere più facile il compito e più agevole intenderci. Rimane il fatto che ci sono persone, gruppi di pressione, lobby, categorie che sono legate visceralmente a una visione del mondo, della società improntate alla difesa dei privilegi acquisiti, allo status quo e soprattutto all’idea che le differenze tra le persone debbano servire non alla costruzione del bene comune, ma a sancire disuguaglianze. La differenza tra gli uni e gli altri quindi, se non vogliamo usare categorie ritenute obsolete (non è il mio pensiero), passa tra quanti scelgono di rimanere o di voler restare immobili e quanti si riconoscono nel termine di camminanti. I primi hanno lo sguardo rivolto al passato considerato sempre e comunque migliore del presente e più ancora dell’avvenire, e quanti, al contrario, pur non ritenendo di avere ricette facili in tasca, si lasciano abitare dal futuro e a quello tendono, facendo tesoro di quanto appreso dal passato, ma senza nostalgie frenanti e che, pur non conoscendo nel dettaglio il cammino, sanno abbastanza bene qual è il senso, la direzione di marcia e anche la meta prefissa: una società migliore, più giusta, più umana, nella quale tutti possono sentirsi a pari merito cittadini a pieno diritto. Il tempo è galantuomo, dice il proverbio. I fatti diranno se il nuovo governo che si è insediato saprà rispondere a qualcuna delle attese più impellenti della gente; se saprà avviare percorsi nuovi di coesione sociale, di giustizia, di rilancio del lavoro, di equità e opportunità per tutti, o se al contrario agli annunci seguirà l’immobilismo di sempre. Di certo sappiamo che neanche Renzi possiede la bacchetta magica, benché si sia presentato come una sorta di maghetto tuttofare. Lo attenderemo al varco delle scelte che farà nei prossimi giorni, mesi, e nonostante le premesse non siano incoraggianti, è giusto giudicarlo da quanto riuscirà ad attuare nel prossimo futuro.

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