La notizia della liberazione della cooperante Rossella Urru, arriva come un tonico, in questa estate scandita dall’andamento dello spread, dai flop delle borse, dalle polemiche quotidiane tra le varie forze politiche che si rimpallano responsabilità, che tante volte è bipartisan, su quanto non funziona nel nostro Paese. La notizia della sua liberazione è una di quelle che fanno ben sperare, che inducono a riflettere che forse non tutto è perduto, perché rimette al centro della nostra attenzione, per qualche ora, per qualche giorno, un mondo, delle persone, e sono migliaia, che vivono prodigandosi per gli altri.
È questa la vera ricchezza del nostro Paese; ricchezza spesso sottaciuta e anche bistrattata, salvo ricordarsene in qualche circostanza particolare. Dal mondo del volontariato, se solo quanti hanno responsabilità di gestione della cosa pubblica, avessero occhi per vedere e capacità d’ascolto, arrivano quotidianamente messaggi e testimonianze, proposte e indicazioni, che potrebbero fare la vera differenza tra l’essere un paese civile o l’essere una congerie d’interessi di parte, in cui a rimetterci sono sempre i soliti noti. Se davvero avessimo una classe di rigente all’altezza della situazione, l’impegno primario in questo momento sarebbe quello di una lotta reale e senza quartiere contro la povertà e l’esclusione sociale, anziché la ricerca spasmodica di soddisfare gli appetiti insaziabili del mercato, idolo moderno al quale ci s’inchina quotidianamente assieme alle sue consociate, le agenzie di rating, le banche e la finanza. È ancora troppo diffusa la convinzione che la povertà sia una fatalità, quando non addirittura una colpa. In realtà la povertà ha cause umane, dipendenti da strutture basate sull’ingiustizia, il calcolo, le sperequazioni: tutti fattori che si possono e si devono cambiare. Quello che manca è la volontà politica di farlo. Se fosse dichiarata illegale, e pertanto cosa da contrastare sul piano culturale e legislativo, la povertà potrebbe essere rapidamente ridotta e anche superata. Non è così; anzi, le politiche che vanno per la maggiore, sono all’insegna di un adeguamento a ciò che impone un mercato senza regole, una finanza speculativa, una distribuzione della ricchezza prodotta in ogni ambito in modo diseguale e assassino. Da ogni dove ci viene continuamente ripetuto che dobbiamo tirare la cinghia, fare sacrifici, rilanciare la crescita; insomma farci un mazzo perché (ma questo non lo dicono) chi già ha molto possa avere sempre di più e tutti gli altri continuino a sperare che qualche cosa torni col tempo utile anche a loro. La storia di Rossella, come quella di tanti altri, narra, al contrario che la vera abbondanza nasce dalla condivisione. Questo è il messaggio principale che ci viene da quanti, in ogni campo e a ogni latitudine, scelgono di mettere gli altri al primo posto, donando parte di se stessi perché chi sopravvive privo di dignità, opportunità, mancanza di diritti, possa sentirsi pienamente accolto, valorizzato, parte di una stessa umanità e godere di una vita piena. Che la liberazione di Rossella aiuti tutti noi a non arrenderci di fronte alle innumerevoli ingiustizie, ma a lottare con rinnovata speranza, certi che il bene, anche tra infinite difficoltà, è destinato ad avere l’ultima parola.