Bastasse solo desideralo per vederlo realizzato, il gioco sarebbe presto fatto e inoltre non costerebbe molto, ma non funziona così. Il cambiamento voluto, sperato, desiderato è nelle nostre mani; spetta a noi realizzarlo.
Niente è semplice nella vita; né in quella personale, né in quella comunitaria, sociale. I cambiamenti il più delle volte avvengono molto lentamente e anche quando ci paiono apparire all’improvviso in realtà sono il portato di qualche cosa che magari ci è sfuggito o a cui non abbiamo prestato la dovuta attenzione. C’è chi nella vita opera per il cambiamento e la trasformazione e chi la frena o vi si oppone: per paura, per negligenza, per interesse, perché abbarbicato a idee e visioni superate. Non c’è da meravigliarsi, è sempre stato così. Solo chi si pone davanti alla vita con cuore e animo aperto sa aprirsi alle novità che la vita stessa richiede. Tuttavia la vita stessa s’incarica di modificare la realtà, sia che lo vogliamo, sia che la contrastiamo perché è parte stessa di qualche cosa che ci trascende e che chiede le sia fatto spazio. Prendiamo il tema delle migrazioni che in questi giorni è tornato prepotentemente alla ribalta. Vediamo rinascere i soliti e stantii rigurgiti di chiusura conditi dai soliti insipienti refrain all’insegna dell’ostilità fine a se stessa, senza una briciola né di analisi del fenomeno né tantomeno di sforzo di comprensione e di capacità di gestione e programmazione in grado di offrire il minimo umano che sarebbe dovuto per il semplice fatto che si tratta di persone. Sentendo certe dichiarazioni parrebbe che non di persone si tratti ma di numeri, di cose, di monnezza. A costoro, delle ragioni che spingono le persone a mettersi in cammino affrontando viaggi allucinanti per sbarcare su terre non ostili, delle sofferenze patite, delle ferite vive impresse nelle loro carne pare non importi assolutamente niente. Anzi, nemmeno si pongono il problema. L’unica cosa che sanno dire, ripetendo a pappagallo è che non devono arrivare. Magari sono gli stessi che dal loro posto di comando intrattengono lucrosi affari con quanti sono causa e ragione della fuga di questi poveri Cristi. Business is business, madama la marchesa. Intanto non sanno vedere che questo nostro mondo invecchia, non solo anagraficamente a causa della drastica riduzione delle nascite, con tutte le problematiche legate all’inesorabile invecchiamento della popolazione attiva, ma pure interiormente, divenendo sempre più stanco, senza passione e desideri vitali. Insomma un mondo chiuso su se stesso. E che prospettive può avere per un futuro diverso un mondo così fatto? Nessuna, se non saprà aprirsi al nuovo che preme alle sue porte. Identica cosa si può dire per la mancanza o insufficienza e inadeguatezza di politiche a sostegno delle nuove generazioni sacrificate sull’altare di interessi famelici volti a mantenere gli attuali rapporti di forza che privilegiano quanti hanno già molto e che si esplicano in scelte di politica economica, finanziaria e sociale volti a conservare e incrementare l’esistente, più che a promuovere e sviluppare un modello di sviluppo alternativo a quello fin qui perseguito. Io penso che il nuovo non verrà per decisioni prese dall’alto ma solo se e nella misura in cui, quanti hanno a cuore il futuro nostro e delle generazioni avvenire, sapranno e vorranno mobilitarsi per imporre che il cambiamento auspicato e desiderato non risieda nelle belle parole di convegni e di summit internazionali ma diventi impegno quotidiano di molti, decisi a fare la propria parte. Un mondo migliore è possibile, ma solo se saremo in molti a volerlo e soprattutto ad impegnarci con responsabilità e decisione a promuoverlo.