Possiamo crederci o meno, può piacerci o no, possiamo accettarlo come dato di fatto e rifletterci sopra, oppure snobbarlo, perfino disconoscerlo nonostante le evidenze storiche, ma rimane il fatto che siamo un popolo meticcio.
A me personalmente pare una cosa bella il fatto che siamo discendenti di genti diverse. Anche se questo lungo i secoli ha significato incontro e scontro, tuttavia ha pure significato arricchimento. Difficile pesare su una ipotetica bilancia i pro e i contro di quanto avvenuto nel corso dei secoli e quale sarebbe stata la storia se questo non fosse accaduto. Abbiamo però elementi assai significativi di questa mescolanza di persone avvenuta in tempi a noi più vicini. Pensiamo, per fare un solo esempio, a ciò che ha significato lo spostamento di tanti meridionali nel nord Italia nel secolo trascorso. Certamente ha significato sradicamento e conflitto, ma anche la nascita di nuove generazioni arricchite da quell’incontro. Chi lo potrebbe mettere in dubbio al giorno d’oggi? Forse anche tanti di coloro che, seguendo le sirene xenofobe dei nostri giorni inveiscono contro i migranti, appartengono alle generazioni nate da quell’incontro. Il rifiuto, l’ostracismo nei confronti dei migranti, dei richiedenti asilo, come allora, nasce il più delle volte dalla paura del diverso, dello sconosciuto, dal timore che i nuovi arrivati possano impoverire quanto da noi conquistato, ma nasce anche dal pregiudizio, dall’ignoranza e dalla incapacità o non volontà di mettersi in gioco, scommettendo sul futuro, lasciandosi guidare dalla speranza e anche dalla pazienza. Speranza e pazienza da non confondersi con ingenuità e passività, ma quali virtù da acquisire impegnandosi a costruire un futuro tutto da ideare. “La vita può essere capita solo all’indietro ma va vissuta in avanti”, affermava Soren Kierkegaard. Per viverla in avanti è indispensabile credere ai propri sogni, ma se anziché dal sogno ci facciamo ispirare dagli incubi di quanti del disprezzo dell’altro ne fanno pane quotidiano, allora saremo destinati, nostro malgrado, ad diventare attori e interpreti dell’avverarsi delle più nefaste profezie. Sono giorni amari, cupi, quelli attuali, non perché si viva in un mondo peggiore di quello del passato, ma perché in troppi si lasciano affascinare, conquistare dalle parole d’ordine di chi promette la soluzione di problematiche complesse attraverso la semplificazione delle stesse usando un linguaggio sguaiato, additando un nemico inesistente e profferendo minacce nei confronti di quanti, tra i più deboli e più poveri, vengono indicati come capri espiatori sui quali far ricadere la responsabilità delle difficoltà del presente. Costoro giocano d’astuzia, mescolando parziali verità con fandonie costruite ad arte alle quali abboccano in tanti. Serve rigore morale, indignazione, saper resistere smascherando il loro turpi propositi e dobbiamo saperlo fare usando un linguaggio che si differenzi dal loro e poi impegnarsi attivamente, senza demordere, ad operare per ribaltare la logica di morte immettendo vita in ogni nostra azione.