Ultima modifica Sabato 03 Novembre 2018 11:42
11 ago 2017
DALLA PARTE DELLE VITTIME, SEMPRE
Scritto da Piergiorgio |
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Nel frastuono mediatico di questi tempi, la voce che non giunge ai nostri orecchi è quella delle vittime.

È relativamente facile commuoversi e magari prendere posizione dinanzi a un qualche dolore innocente, il dolore, per esempio di chi è colpito da qualche malattia o vittime di incidente, molto più difficile, perché scomodo, schierarsi senza se e senza ma dalla parte di chi soffre e per sfuggire alla sofferenza, persecuzione, violenza, povertà chiede accoglienza, rifugio. In questo campo fioriscono i distinguo, i sì, però, oppure, andando apparentemente più in profondità si spacciano per vere valutazioni e considerazioni che sono solo frutto di ignoranza, nel migliore dei casi, quando non di vera e propria malafede. Ecco che allora ci si dichiara disponibili, obtorto collo, all’accoglienza di chi fugge dalla guerra e non di chi fugge dalla povertà. Si finge di non vedere che spesso le due cose sono strettamente intrecciate ma che soprattutto all’origine di questi esodi di massa stanno ragioni e motivazioni che interpellano noi tutti, le nostre responsabilità di ieri e di oggi. Non è infrequente, è solo uno dei tanti esempi possibili, che sia negato lo status di rifugiato a persone fuggite da paesi che si definiscono non in guerra al solo scopo di riabilitarci in quanto paesi occidentali, quando al contrario siamo stati attori e artefici di guerre e conflitti, in quei paesi, e di interventi e presenze armate definite umanitarie. Interessi geostrategici e accaparramento di risorse stanno alla base dei nostri vari interventi nel mondo, ma noi amiamo definirci i buoni (lo abbiamo sempre fatto anche in passato) così nascondiamo con grande cura  queste nostre motivazioni e preferiamo accanirci, demonizzandoli, sugli effetti collaterali – i migranti - frutto avvelenato della nostra pretesa di dominio nel mondo. Del resto anche per il nostro passato coloniale, specie noi italiani, amiamo una narrazione che ci presenti come civilizzatori e costruttori di opere pubbliche, nascondendo abilmente sotto una coltre fatta di rimozione e di oblio le nefandezze delle quali ci siamo macchiati. Puntiamo perfino a negare la verità dei numeri, quali la denatalità dell’occidente e il bisogno che abbiamo di migranti per poter semplicemente continuare a sostenere l’economia e il nostro welfare. La paura, il più delle volte indotta, comunque sempre enfatizzata dagli spacciatori di odio, che l’incontro con il diverso da noi suscita, ci annebbia la vista impedendoci di guardare alla realtà con spirito aperto, critico e intelligente. Così episodi di cronaca indubbiamente negativi, oppure determinate illegalità, pure queste presenti anche tra i migranti, anziché essere viste per quello che sono: manifestazioni di comportamenti giustamente sanzionabili, diventano nella mentalità dominate caratteristica di tutti quanti sono approdati e approdano sul nostro territorio. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, è quanto accadeva anche ai nostri migranti in passato, ma ce lo siamo dimenticati e anche qui prevale l’ immagine di “italiani brava gente” che siamo stati noi a darci, non quanti ci vedevano arrivare. Nel rumore assordante l’unica voce che non trova adeguato spazio di ascolto è la voce di chi arriva da noi e quella di quanti sono costretti a fuggire di casa, confinati in campi profughi, oppure in centri di detenzione nei quali è negata ogni dignità e spenta con violenze di ogni tipo la speranza di un futuro migliore. Fino a quando non avremo il coraggio di schierarci dalla parte delle vittime, di tutte le vittime, sempre e comunque, per quanto faticoso e scomodo possa risultare, potremo definirci come meglio ci aggrada, la sola prerogativa che non potremo attribuirci è quella di esseri umani.

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