21 nov 2013
POST TERGUM
Scritto da Piergiorgio |
Letto 4015 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Ma sì, usiamo pure, per una volta, una locuzione latina; chissà che non susciti qualche curiosità, mi sono detto, non certo per far sfoggio di chissà quale istruzione. Il tema è uno di quelli che oggigiorno tengono banco. E non a torto, a parer mio, perché, al di là delle schermaglie,

delle possibili strumentalizzazioni di parte, che pure possono starci, è sintomo di un modo di porsi che pare trasversale a ogni forza politica. Mi riferisco alle mancate dimissioni da ministro della Cancellieri. Non mi interessa entrare nel merito della questione; stare a soppesare le responsabilità e il tipo delle stesse. Non sfugge a nessuno che la blindatura della sua posizione è stata fatta a prescindere da ogni valutazione di merito, legandola alle sorti del governo che, a quanto pare, non si sa bene per quale mandato “divino”, non può essere messo in alcun modo in discussione. È avvenuta la stessa cosa all’epoca del caso Alma Shalabayeva con il ministro Alfano, mentre per la ministra Josefa Idem non si è stati tanto a tergiversare. C’è una solidarietà di casta, sorretta da interessi diversi, ma convergenti, che portano obbligatoriamente a scegliere, sempre e comunque, il peggio; ciò che alla gente appare sempre più ingiustificato e ingiustificabile, perché tradisce una concezione del potere come un privilegio nel quale non possono avere parte, a nessun titolo, ragioni di opportunità politica, di trasparenza, di correttezza istituzionale, o semplicemente di buon senso, inteso, come specifica il vocabolario, di accorto, assennato, avveduto, equilibrato, giudizioso, logico, ragionevole, razionale. Tutte cose, a ben vedere, richieste assiduamente, quotidianamente, a tutti noi: ai disoccupati, ai cassintegrati, ai pensionati, ai giovani, a quanti non arrivano alla terza settimana del mese, a quanti non sono tutelati, garantiti. Non è forse questo, e anche molto di più, che ci viene chiesto, quando si invoca di pazientare, quando ci si dice che i sacrifici ai quali siamo chiamati sono in vista di obiettivi di maggior benessere per la collettività e via discorrendo? Quanto siano poco credibili questi nostri politici che invocano per se stessi e i loro sodali dispense, esenzioni che a noi non è permesso neppure immaginare, è sotto gli occhi di tutti. Loro, semplicemente, postergano; si gettano tutto dietro le spalle. Macinano proprio di tutto e non paiono neppure accorgersi, o forse fingono di non vedere che hanno passato da tempo la misura. C’è un uomo, in Uruguay, l’attuale Presidente della repubblica José Mujica, chiamato “Pepe”, dal quale i nostri politici potrebbero imparare. (chissà se lo conoscono e quanti lo conoscono!) Quando è stato eletto, ha rifiutato di risiedere nella sfarzosa residenza presidenziale, preferendo continuare ad abitare nella sua casa, fuori la capitale. Conduce una vita semplice e frugale. Due soli poliziotti gli fanno da scorta e viaggia con un vecchio maggiolino Volkswagen che ha 26 anni. Dello stipendio che percepisce, 12 mila euro, tiene per sé soltanto il 10%, destinando a famiglie bisognose il rimanente. Lui però, che in gioventù è stato un guerrigliero, quando in Uruguay impazzava una delle più sanguinose dittature, si è fatto anche 14 anni di carcere duro. Forse è proprio questo che manca a tanti nostri politici; l’esperienza diretta di quanto sia dura per tanti la vita o, se mai l’hanno provato, lo hanno dimenticato, che forse è anche peggio perché, come si dice in buon trentino, sarebbero piòci refàti (villani rifatti).

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